Carlos Hernando Sánchez è stato il primo studioso ad occuparsi in maniera innovativa di feste e cerimoniali, materia tutt’altro che accessoria rispetto alle tradizionali coordinate storiografiche. Come e perché lo spiega egli stesso: «Nel viceregno di Napoli, e non solo in questo, il ruolo dell'immagine reale e quello del cerimoniale ha un significato fondante, che non possiamo interpretare con i valori contemporanei».
Non erano, dunque, mere operazioni pubblicitarie.
«Tutt’altro. Gli storici sbagliano quando per analizzare l’idea di cerimoniale utilizzano il concetto di propaganda che è per statuto concetto borghese, nato dopo la rivoluzione industriale. Non si può parlare di quel mecenatismo pensando alla propaganda. Nel viceregno ci troviamo di fronte a un cerimoniale celebrativo e commemorativo tutt’altro che superficiale: perché qui apparire è lo stesso che essere. Per noi non è così. La propaganda vuole comunicare un messaggio, nel cerimoniale spagnolo si celebra la gloria di Dio, dei nobili, degli istituti corporativi. Insomma c’era un fine sociale che non era il consumo e di massa. Non si doveva necessariamente capire. Anzi, non si doveva capire affatto. Alcune pitture e iscrizioni non sono fatte per esser lette proprio come la colonna di Traiano il cui nastro istoriato si eleva fin dove non arriva lo sguardo umano. Le gesta non si devono vedere ma celebrare».
E la festa?
«È una cerimonia collettiva. Non ci sono limiti tra spettatore e attore, tutti diventano protagonisti di questo spettacolo. Il linguaggio della festa istituzionalizza anche il conflitto. In questo senso, Napoli tra Cinque e Seicento sviluppa un modello di cerimonia- festa di importanza europea. Ed è più creativa della stessa Spagna, certamente delle altre corti vicereali. La storiografia ha sempre puntato i riflettori su Firenze e Venezia, ma è Napoli la vera capitale della festa: qui la festa è creazione culturale, motore dell’immaginazione artistica».
Un talento endemico, dunque. Come mai?
«Perché Napoli era l’unica grande monarchia nel basso medioevo agioino- aragonese. Aveva una nobiltà tra le più importanti d’Europa, ricca e politicamente attiva. Tutti gli altri dovevano competere con questo splendore».
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