venerdì 15 gennaio 2010

'Scappò' da Reggiolo e aprì le porte di Buckingham Palace


Serviti, e riveriti, ad ogni ora del giorno e della sera, seguendo le regole di un cerimoniale che si è perso nel tempo e che nessuna scuola, a detta di un decano, potrà mai recuperare.
Questa è stata ed è tuttora la vita di Nando Tavella, unanimemente considerato il re dei maggiordomi dalle signore dell’alta borghesia romana, nativo di Reggiolo, provincia di Reggio, dal quale è "scappato" di notte, con una valigia di cartone legata con lo spago, parole sue, poiché la decisione di intraprendere questo mestiere non era approvata in famiglia: "Mio padre non voleva".
Il gran cerimoniere abita nella capitale e per noi apre un album ricchissimo di ricordi: "Me ne sono andato dal borgo natìo a 16 anni. La passione per l’arte del ricevere è sempre stata forte in me e ora constato con
tristezza che di maggiordomi veri non ce n’è più, come invece esistono ancora in Inghilterra".
Eh sì. La terra di Sua Maestà ha accolto Tavella nelle stanze più ambite dai sudditi inglesi, a Buckingham Palace. Come insegna Anthony Hopkins, protagonista di "Quel che resta del giorno", di James Ivory, il maggiordomo è quello che si alza per primo nella villa dei signori e prepara bagno, giornali, cucina per la colazione e vestiti in modo impeccabile, pronto ad aprire la porta agli amici ospiti del padrone, a scambiare qualche battuta e a dileguarsi al momento opportuno. Un “butler”, come si dice in gergo.
"La Regina Elisabetta II era talmente severa con me, non sorrideva mai. Al contrario di Margaret Thatcher, ex primo ministro inglese, molto simpatica. E’ stata la Lady di Ferro a chiedermi: "Voglio fare una fotografia con lei”. Poi ho conosciuto tutti: il principe Fillippo, la principessa Margaret e Lady Diana. L’ho incontrata a
un ricevimento a Palazzo Farnese, ero stato scelto solo io per questo incarico così delicato - roba da far tremare i polsi - La principessa è venuta verso di me e ha continuato a ringraziarmi: "Thank You, thank you”. Di Margaret i ricordi sono un po’ diversi: "Si ubriacava
spesso, era già un momento tragico per lei e io ero lì, invisibile, ma c’ero. Aveva sempre una bottiglia nella borsetta". Un aneddoto? "Eravamo in casa Ruspoli, lei si stava cambiando le scarpe e le dava fastidio perché mi ero offerto di aiutarla".
"Sono andato all’estero per imparare meglio i trucchi, al seguito dei miei primi datori di lavoro, tra cui il playboy Gigi Rizzi, che all’epoca stava con Brigitte Bardot. In giro per Saint Tropez, Londra e Parigi, li seguivo ovunque, lui e Bibì. Ma c’era anche il
Barone Rodolfo Parigi di Trieste, del quale custodivo i più intimi segreti. Perché, si sa, certe cose le conosciamo solo noi". Ah davvero? "Si crea tra padrone e maggiordomo un rapporto di confidenza molto intenso". Tavella appartiene a una categoria che ha accesso a
un numero di informazioni privilegiate, precluse ai parenti stretti.
"Lo scenario in cui agivo io va dalla metà degli anni Sessanta ai Settanta, molti dei quali a Milano, nelle grandi case appartenute a signori dell’industria, della finanza e della moda: dai Crespi agli Invernizzi. Erano in pochi gli italiani che facevano questo lavoro con competenza. Poi a Roma sono entrato nelle grazie di politici, ministri e sindaci". Nomi? "Francesco Rutelli e Massimo D’Alema".
Troppo modesto, Nando. Sa perfettamente di essere il migliore. Una parte della sua vita l’ha dedicata a Maria Callas: "Mi chiedevano, come fa a dire di lavorare per la Callas? Eccome se l’ho fatto, sono stato introdotto dalla sorella, la maestra di canto della diva. Ho conosciuto Biki, la sarta di Maria, che quando la signora era diventata molto grassa le aveva imposto una dieta ferrea: “Se vuoi che ti vesta, devi dimagrire”. Lei per tutta risposta mangiava le gelatine. In quelle case il maggiordomo indossava il tight alle otto, ora di colazione. Io sono stato il suo primo cameriere, quando abitava in via Buonarroti, insieme al marito Meneghini. Era molto gentile".

Nessun commento:

Posta un commento